di Sara di Tanna

In questo breve articolo mi piace poter raccogliere i pensieri di alcuni fucini in merito al percorso annuale appena concluso sulla mozione “salute mentale e benessere psicologico”. Durante l’anno ogni gruppo fucino d’Italia ha avuto l’opportunità di lavorare sulla tematica nazionale e affrontarla sotto diversi aspetti, messi insieme e condivisi poi in occasione del Congresso Nazionale di Bologna di quest’anno, dal titolo “Universitari: maneggiare con cura”.
Alcuni gruppi come quello di Chieti hanno analizzato la “scelta” come fonte di ansia e preoccupazione. La scelta dei giovani di un percorso universitario, di un gruppo di amici o di un ambiente da vivere spesso porta a disorientamento e paura. I giovani si trovano paralizzati di fronte alla possibilità di scegliere, che viene vista come un atto di responsabilità più che di libertà. Dopo la lettura di alcune regole tratte dagli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, i ragazzi hanno capito che le scelte prevedono una limpidezza di vita, l’esercizio di metterci di fronte alla realtà di ciò che siamo, senza aver paura di ciò che siamo. È importante essere i Soggetti della nostra scelta, non oggetti, e coinvolgere sempre emozioni, ragione e psiche, lasciandoci guidare da un unico motivo che è l’Amore.
I fucini del gruppo di Firenze si sono chiesti come la scuola, “il principale strumento per lo sviluppo della persona”, oggi parla alla vita di noi ragazzi.
“La scuola oggi istruisce, non educa. La scuola insegna alla conoscenza come astrazione intellettuale delle materie, non alla conoscenza viva delle cose, e le materie scolastiche e universitarie finiscono per non parlare alla vita perché non appassionano, mirando solo a riconoscere i lavoratori in base ad una laurea. Ma come possiamo riconoscerci “valorizzati” con la laurea se quello che impariamo non ci appassiona, come possiamo in questo modo sviluppare la nostra personalità? Abbiamo accesso a moltissimi ambiti della scienza e del sapere che ci insegnano a scegliere, ma non ci educano a decidere. Scegliere è una questione di razionalità, è un problema matematico che, forniti i dati, è possibile risolvere; decidere è una questione di saggezza, perché ciò che si ha di fronte o non lo si conosce a pieno o non ne si conoscono gli esiti.
Dato che la vita non è una formula matematica tramite cui scegliere tra le opzioni che abbiamo, l’istruzione non deve limitarsi a “istruire” ma deve anche educare per rendere possibile l’insieme di conoscenza (istruzione) e azione (educazione). Da qui, anche, il malessere della comunità studentesca; non saper prendere decisioni significative per la propria vita. “Fare l’università è una decisione, non una scelta”, secondo Giacomo, fucino di Firenze.
Quante volte ci soffermiamo a chiederci “Cos’è per noi felicità? “Dove la troviamo in questo momento della nostra vita?”. Questi interrogativi hanno guidato in particolare la riflessione del gruppo Fuci di Padova. “Porci queste domande ci ha permesso di conoscere noi stessi e di accorgerci, lasciandoci guidare dalla lettura del Vangelo, come la felicità nella nostra vita dipenda dalle relazioni. È nella bellezza delle relazioni che riusciamo ogni giorno a sperimentare “piccoli e grandi attimi di pura felicità”, dice Sara.
Interessante anche l’aspetto della fragilità evidenziato dal gruppo di Fuci Bergamo, che nel suo percorso annuale ha avuto l’opportunità di incontrare lo scrittore Guido Marangoni e ascoltare la sua testimonianza di vita e la storia di sua figlia Anna. Marta, fucina del gruppo, racconta: “Anna è nata con la Trisomia 21, una fragilità che la rende unica e speciale. Qualcosa di evidente, bello e prezioso. La sua storia ci ha voluto dire che tutti noi, nessuno escluso, ha le proprie fragilità, diversità più o meno esplicite. Come ci ha detto Marangoni siamo fatti “di-versi, perché siamo poesia”, ognuno è una poesia bellissima che deve avere il coraggio di mostrare e di condividere con gli altri”. “Una frase che mi ha colpito e che vi consegno”, prosegue Marta, “è la seguente: oltre a rifiutare o escludere, la parola “scartare” ha un senso molto più bello, potente e liberatorio: scartare per guardarci dentro, proprio come un pacchetto regalo. Come sarebbe bello scartare le persone per scoprirle, per guardarle dentro, invece di scartare per escluderle”.
Anche il gruppo di Fuci di Lodi, sui passi del libro “l’arte di essere fragile” ci ricorda che “la società ci impone i dettami dell’efficienza e dell’aspettativa, tanto che chi è fragile resta escluso. Non abbiamo paura di mostrare le debolezze, perché è a partire da quelle che potremo migliorarci!”.
La testimonianza riportata dal gruppo Fuci di Bergamo e la riflessione dei fucini di Lodi sono un invito a dare valore alle nostre fragilità in una società che troppo spesso le condanna, perché sono queste a generare incontro, comunità e autenticità.
Il benessere psicologico sta diventando per la nostra generazione un bisogno primario, ed è tempo di parlarne. “Veniamo da una realtà in cui al primo posto si mette l’aspetto esteriore, non curando la parte più vulnerabile che è quella interiore, quindi, lo stare bene prima con sé stessi e poi con gli altri” dice Mariacristina, del gruppo di Oppido Palmi. “Aver parlato di salute mentale al congresso mi ha fatto molto piacere, specie mi ha aiutata molto partecipare ai laboratori perché confrontarmi con altri ragazzi con la mia stessa problematica mi ha fatto sentire accolta, capita e supportata! Devo dire che per me è stato un vero e proprio input a migliorarmi davvero. E lo sto notando giorno dopo giorno. É un peccato che uno studente non riesca ad usufruire di un aiuto nel momento del bisogno, affrontare gli studi in cui ci sono molte pressioni ti fa vivere nemmeno a metà quello che si dovrebbe vivere invece a pieno!”.
“Il termine “fallito” è un participio passato, che quindi indica un’azione conclusa, non modificabile”, come afferma Vera Gheno, “è una pietra tombale sulle possibilità di una vita, toglie qualsiasi speranza.” Nessuno di noi è fallito perché le nostre vite sono fatte di tanti preziosi frammenti, si può sbagliare e anche fallire in una sfera della propria vita, ma questo non ci rende falliti. Tanto meno quando ancora giovani, abbiamo davanti a noi tanta strada da percorrere”. Questa è stata la chiave di volta delle attività congressuali a cui hanno partecipato i fucini nelle giornate dal 2 al 5 maggio a Bologna.
In questa occasione Carmen e Tommaso, presidenti nazionali, hanno ribadito l’importanza e la necessità di affrontare il problema sociale del benessere psicologico con una risposta comunitaria. “Siamo chiamati a tornare nelle nostre università ed essere costruttori di comunità. Ciascuno di noi contribuisce, con il suo modo di abitare l’ambiente universitario, alla costruzione della comunità accademica”.