di Sara di Tanna
Intervista a Daniele Mencarelli
E tu, ti prendi cura di te stesso?
Il benessere psicologico è ‘quella condizione secondo la quale ognuno di noi è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali all’interno della società, stabilire relazioni mature con gli altri, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni’. Questa è la definizione di benessere psicologico proposta dall’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità. In parole più semplici, parliamo di benessere psicologico ogni volta che impariamo ad ascoltare noi stessi e i nostri bisogni, ad interpretare le nostre emozioni, a collocarci nella realtà così come siamo. Non si tratta di uno stato che si “raggiunge”, ma rappresenta una “condizione di equilibrio” che va costantemente ricercata, ripensata e curata, in un percorso di crescita e formazione personale.
Sono tanti i momenti nella nostra vita in cui il nostro benessere psicologico viene messo alla prova: tra queste possiamo pensare all’università. L’esperienza di vita universitaria coincide con un momento critico che vede il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta, un cambiamento che richiede a ciascuno di noi di mettersi in gioco. Iniziamo così a gestire autonomamente le nostre spese, ad organizzare il programma di studio senza il supporto di insegnanti o genitori, a regolare le nostre nuove abitudini. In questi anni siamo continuamente esposti a sfide ed opportunità, decisioni di cui diventiamo pienamente responsabili, situazioni di confronto con colleghi e amici che generano in noi pressione, in un contesto in cui a definire ciascuno di noi sono parametri di successo e fallimento. Negli ultimi anni la pandemia da Covid 19 ha messo ancor di più alla prova noi giovani, tanto da far raddoppiare i numeri di richieste di aiuto ai servizi di counselling offerti anche dagli atenei italiani. L’allontanamento improvviso da ogni interazione e stimolo sociale e l’obbligo di stare in casa ci ha costretto a doverci relazionare con noi stessi, a fare i conti con i nostri conflitti interni. Questo ha portato ogni certezza a traballare e cadere in un senso di impotenza, rabbia, paura e solitudine. Dal periodo pandemico ad oggi tra i giovani si sono manifestati tanti disagi di ordine psicologico, tra i primi ansia e depressione, degenerati troppo spesso in disturbi alimentari, atti di autolesionismo, assunzione di sostanze e persino suicidi. Un rapporto redatto due anni fa dall’istituto Pieopoli per il CNOP (consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi), mostra un incremento del numero di pazienti in terapia tra le fasce più giovani, del 31% tra i minori di 18 anni e del 36% tra i pazienti di età compresa tra 18 e 24 anni, la fascia di età che generalmente interessa il percorso universitario. È importante prendersi cura del proprio benessere psicologico, e dobbiamo imparare a farne una priorità. Siamo tutti molto attenti alla salute fisica ma troppo spesso ci dimentichiamo della nostra salute mentale, fino a quando non ci rendiamo conto di non poterla più sottovalutare. Ma come si fa a prendersi cura del proprio benessere psicologico?
Prima di tutto iniziando ad accogliere le nostre emozioni, le nostre paure e domande, senza nasconderle per vergogna o paura di non trovare risposte. E quando queste domande diventano troppo grandi per noi, saper chiedere aiuto ad un amico, ad un professionista o agli sportelli di ascolto per studenti presenti in università. Sentire il bisogno di usufruire di un servizio è un atto di cura nei nostri confronti e non dobbiamo vergognarcene!
Ho avuto l’opportunità di affrontare questo tema in un’intervista con Daniele Mencarelli, scrittore e poeta italiano vincitore di numerosi premi letterari tra cui il Premio Strega Giovani nel 2020, per il suo romanzo Tutto chiede salvezza. Daniele da giovane ha vissuto una condizione di disagio psicologico che lo ha portato a rifugiarsi nelle droghe, ed oggi la sua testimonianza e la sua storia di salvezza non ci fanno sentire soli davanti alle domande di ‘senso’ che noi giovani ci poniamo, nella ricerca del nostro benessere psicologico.
Un primo passo verso il benessere psicologico è imparare ad interpretare le nostre emozioni, accettare le contraddizioni, i conflitti e le domande che ci portiamo dentro. Dargli spazio. Spesso però non è semplice e noi giovani tendiamo a nascondere a noi stessi ogni domanda per paura di non trovare risposta… “Il problema non è nei giovani” afferma Daniele, “ma negli adulti e nel loro essere analfabeti esistenziali. Oggi lecito ed illecito sono due grandi temi, spesso si colpevolizza il giovane che si pone domande come se queste fossero illecite, da
non porsi. Tutti gli interrogativi che voi giovani vi portate dentro non hanno accoglienza oggi presso gli adulti, i quali non vogliono sentire alcune domande che potrebbero portarli in crisi e smontare narrazioni e convinzioni senza le quali non hanno più nulla. L’adulto dovrebbe saper cogliere nel ragazzo un malessere, e farne un viaggio comune dentro un’esperienza fatta di dialogo e condivisione. Egli dovrebbe essere il vegliante, la sentinella che sa cogliere nel giovane l’interrogativo legittimo che egli si pone e che, quando questa inquietudine fa un passo di troppo, sa chiedere aiuto ad una terza persona che può essere la figura di uno psicologo, psichiatra etc.”
Aggiunge: ‘Oggi l’uomo è riempito dal nichilismo storico, da un vuoto che abbiamo fatto diventare la nostra natura e che ora viene colmato
dalla società, da tutto quello che essa stessa è interessata a venderci, a proporci come traguardi professionali: “compra quello e sarai felice”, “raggiungi quello e sarai felice”. Non esiste un corredo alla felicità. Dobbiamo tornare ad una disponibilità dell’uomo ad essere nudo di fronte alla propria natura, che è nata con noi insieme al desiderio di vivere e di amare, di tendere alla bellezza, di avere nostalgia verso l’impossibile e verso tutto ciò che la morte nega. Questa natura e la fragilità che ne corrisponde viene vissuta oggi dall’uomo in assoluta solitudine’. Quanto sono importanti per lei le relazioni?
‘Sono fondamentali. Spezzare il peso, condividerlo, vuol dire alleggerirti di quel peso, che acquisisce una portata minore nella tua vita. Invece quest’epoca ha individualizzato tutto, prima di portare un ragazzo da un professionista sarebbe bello fargli scoprire che esistono realtà in cui queste domande esistono davvero. Già far capire al ragazzo che non si è inventato il dolore che prova, è già una rivoluzione. Perché per molti vivere l’essere sbagliato ed essere l’unico ad essere sbagliato è un tema tragico che porta a conseguenze devastanti".
Cosa è stato per lei salvezza? E i giovani che vivono un disagio psicologico dove possono farne esperienza? ‘Io l’ho trovata in luoghi assolutamente di frontiera ma ogni luogo può metterti di fronte all’imprevisto della salvezza, sia che sia la tua richiesta di salvezza sia che sia la richiesta di salvezza di qualcun altro. C’è un grande presupposto che è la reciprocità: noi chiediamo salvezza ma viviamo in un mondo che chiede salvezza a noi. Il luogo di incontro diventa tanto più grande quanto più è attenta e in allerta la nostra accoglienza dell’altro attraverso l’esperienza della realtà. Vedere l’altro, guardarlo. Per me la salvezza è un gesto, un qualcosa che mi fa trovare istantaneamente residenza nel cuore di qualcun altro. E spesso non servono parole, basta solo una meravigliosa liturgia che è quella dello sguardo e che purtroppo oggi abbiamo un po’ perso per via del digitale. Voi giovani soprattutto siete immersi in un mondo con mille facilitazioni in più, ma dovete riscoprire l’arte dell’incontro e dello sguardo e sono sicuro che riuscirete a riscoprire magnifiche discipline’. Cosa si sente di dire a tutti quei giovani che oggi ricercano il proprio benessere psicologico? ‘In primis mi sento di dirvi che tutte le patologie, le etichette e classificazioni che io e che forse tanti di voi abbiamo ricevuto o riceveremo come depressione, disturbo alimentare ecc. sono una definizione ma non la vostra natura. Quella è una definizione scientifica, l’effetto di una sintomatologia, ma non è il vostro nome. Di cosa avete bisogno? Di tante parole, il mio consiglio è di prendere le parole dai poeti, filosofi, dalla religione, da tutto quello che mette l’uomo a contatto con queste domande che non sono solo una patologia clinica. Trovare lingue e maestri, oltre che medici, chi è disposto a raccontare la natura umana da un altro punto di vista’.
Facciamo tesoro di questa bella testimonianza, impariamo ad accettare la nostra natura di creature fragili e troviamo il coraggio di chiedere aiuto se serve. Oggi il disagio psicologico è diventato un’emergenza, e riguarda tutti. La nostra generazione si è allontanata dagli stereotipi di una gioventù spensierata e felice, e ha avuto il coraggio di abbracciarne la complessità e gli ostacoli, senza la paura di mostrarsi fragile e di porsi tutte quelle domande che da sempre accompagnano l’uomo. Perché
“un uomo che contempla i limiti della propria esistenza non è malato, è semplicemente vivo. Semmai è da pazzi pensare
che un uomo non debba mai andare in crisi”.
Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza
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