di L. Buonanno, A. Dessardo, C. Pomoni, F. Scoppola, L. Sommacal, R.Vincini, sabato 6 gennaio 2024

La maternità, la paternità, come altre scelte di vita sono aspetti di una vocazione che ciascuno sente per sè, e per quanto possa avere forme in comune con altri è unica e originale. Per questo, sebbene sia donna, non mi sento di essere autorizzata a parlare a nome delle altre. Lo slancio insito nell’essere umano è all’essere generativo, anche ma non solo come madri e padri. “Dare vita” è dare la propria vita per qualcuno, è dar vita a qualcuno o qualcosa di nuovo, è fare in modo che altri possano vivere pienamente la propria esistenza. Insomma,
implica la relazione con qualcuno o qualcosa che ci “eccede”, è oltre noi. L’imperativo invece uccide, così come ogni pretesa e aspettativa dall’esterno, che si interiorizza e diventa giudizio a volte dilaniante. Una società che chiede alla donna di adeguarsi agli standard (di un modello pensato e dominato da uomini) non è equa né inclusiva. Se le condizioni materiali e culturali non permettono di realizzare in armonia le varie dimensioni della vita di una persona, siamo costretti a scegliere scegliere quale dimensione privilegiare: la formazione? L’impegno
professionale? Le amicizie? La famiglia? L’impegno sociale? La maternità è una delle dimensioni della donna, ridurla alla principale è come guardare a una parte del corpo e non a tutta la persona, con il rischio di strumentalizzarla e insieme perdere gli altri frutti che può portare in altri campi, dallo sviluppo scientifico a quello artistico, culturale, tecnologico ecc. Mettere in competizione la crescita relazionale (famiglia, amicizia, coppia, sociale) con la formazione e l’impegno nello studio e nel lavoro, averle come alternative, porta necessariamente a perdere una o l’altra, dimensioni invece irrinunciabili perchè ciascuno si realizzi pienamente come essere umano. Parlo volutamente mettendo insieme maschile e femminile perché il desiderio di genitorialità si realizza in un progetto condiviso, l’essere genitori avviene, come dono e responsabilità reciproca. Il ridurlo a una determinazione personale, un obiettivo, fa sì che dalla sua eventuale mancanza si generi immensa frustrazione e tristezza. La mancata maternità è ancora troppo spesso oggetto di vergogna, di colpevolizzazione almeno implicita della donna (mentre si considera molto meno la possibilità di infertilità maschile), di accanimento per ottenere una gravidanza o un figlio per ogni via tentabile. Così da perdere di vista l’orizzonte di senso pur di raggiungere l’obiettivo fissato. E poi? La nascita, il diventare madri e padri è davvero una gioia travolgente, trascendente? Il bambino è un essere umano che viene al mondo, come non è proprietà dei genitori così è responsabilità di tutti contribuire a prendersene cura. Per crescere un bambino ci vuole un villaggio. Il villaggio è pronto ad accogliere un bambino? Cosa fa per prepararsi e rendersi ospitale? Altri hanno manifestato ampiamente la necessità di garantire diritti e sussidi appropriati, io sottolineo che oltre a ciò sento carente la motivazione, la direzione fondante di senso che orienta e alimenta il desiderio di essere famiglia e quindi madre, padre. Sento che nella mia generazione in Italia rischia di essere più presente il peso di una ricerca ansiosa che non lo slancio fiducioso verso il futuro, per sé stessi, figuriamoci per altri. Una giovane universitaria
alle prese con il percorso accademico, in ricerca rispetto al suo percorso di vita, incerta su un futuro che sembra cosi ampio da essere destabilizzante, quanto può sentire vicina la prospettiva della maternità? Più che la bellezza dell’essere madri ne sentiamo la delicatezza, con la consapevolezza dell’impatto che i genitori hanno sui figli ci chiediamo come poter essere genitori, visto che non sempre abbiamo avuto esempi di genitorialità virtuosa e c’è chi ne è ferito. Nonostante ciò, la maternità resta una meravigliosa predisposizione insita nella donna. Chiarito che una ragazza non si realizza solo diventando mamma, qualunque donna che abbia il desiderio di diventare madre andrebbe sostenuta in questa scelta, nelle difficoltà e nel sacrificio che essa comporta come un “investimento d’amore”. Ricordiamoci che ogni
donna ha questa meravigliosa opportunità e capacità, quella di generare la vita. Anche, ma certamente non solo, con una gravidanza. Tra le altre motivazioni, anche la fragilità delle relazioni e dei modelli oggi non aiuta a compiere scelte definitive e vincolanti come quella di diventare genitori. Forse possiamo incentivare un cambiamento per promuovere la vita anche educando la nostra affettività e lavorando per far spazio alla speranza nel futuro.