CAMBIAMENTO COME OPPORTUNITÀ
di Gabriele Cela
INCARICATO NAZIONALE PER LA COMUNICAZIONE, SEGRETARIO-TESORIERE DEL GRUPPO FUCI ROMA
SAPIENZA “VITTORIO BACHELET” E STUDENTE DI SCIENZE POLITICHE-RELAZIONI INTERNAZIONALI
Mi fa piacere condividere in queste poche righe i miei pensieri sull’idea di cambiamento, riflessioni che affiorano alla mente in questi giorni. Sorgono spontaneamente dall’osservazione della realtà, che mi appare come una struttura in de-strutturazione, attraversata da un moto perpetuo e incalzante, che travolge nel suo turbinio ogni aspetto della vita sociale, politica, lavorativa, relazionale.
Ogni giorno nella nostra vita qualcosa cambia, muta, si evolve e noi siamo immersi in tutto questo, ogni giorno siamo chiamati a scegliere se accettare il cambiamento, traendone il meglio, adeguarci al cambiamento, modificando il nostro modo di essere e di pensare o rammaricarci perché il cambiamento ha bruciato tempo, energie, risorse, scombussolando quanto avevamo costruito, le certezze su cui avevamo immaginato di fondare il nostro futuro. Non sempre si riesce a cogliere la profondità di questi mutamenti, né la necessità di riflettere su di essi, ma ognuno ha la netta sensazione di esserne attraversato a ritmo incalzante. Aristotele diceva: «L’uomo è un animale sociale». La prima relazione la crea con chi gli dà la vita, crescendo sviluppa la sua personalità nelle relazioni, che diventano sempre più fitte e numerose, le solide fondamenta di una socialità necessaria per la realizzazione personale in ogni ambito dell’esistenza: in famiglia, sul lavoro, nelle associazioni, nelle comunità, nella società in cui vive. Ogni comunità struttura e plasma la vita dei consociati, condizionando talvolta modi di essere e azioni quotidiane, fino, in casi estremi, alla limitazione dei fondamentali diritti naturali. Si può arrivare ad accettare anche questo, pur di non soffrire l’isolamento e la morte sociale.
Essere partecipe della vita sociale è una necessità individuale, ma è altrettanto necessario per le aggregazioni sociali che ogni membro offra la propria collaborazione. Ogni relazione creata e coltivata, ogni interazione sociale, ogni gruppo di cui facciamo parte e in cui diamo il nostro contributo, in cui ci impegniamo per il raggiungimento di un fine comune, in cui condividiamo idee, progetti, aspettative, sogni, speranze, diventa parte di noi, e noi parte essenziale del gruppo. È come se mettessimo una parte di noi in quella relazione, donandoci del tutto agli altri, come ciascuno di noi fa nella FUCI, donandosi completamente per il bene della Federazione, degli studenti universitari, impegnandosi in una missione che abbraccia la dimensione personale-individuale e quella sociale-comunitaria in un percorso segnato da ideali condivisi che diventano anche ideali personali nel percorso di vita di ognuno.
Tornando all’idea di partenza, il cambiamento, nel tempo anche la comunità e le relazioni interpersonali cambiano. Cambiano i ruoli, cambiano i componenti, cambiano le sfide, gli impegni, i membri che ne fanno parte e anche nel nostro microcosmo comunitario alle spalle c’è il percorso comune già tracciato e di fronte s’intravede un bivio, con due strade che seguono direzioni diverse.
La scelta è sempre la stessa: adeguarsi a un cambiamento difficile da digerire per il timore di essere emarginati, giudicati, allontanati, o essere fedeli a sé stessi, conservare la propria identità, il proprio “io”, i propri valori, quelli che hanno sostenuto la crescita personale, fatto maturare, reso una persona unica, originale, irripetibile.
La comunità si vive arricchendola con la propria presenza, il proprio pensiero, la capacità di tessere relazioni, dialogare, confrontarsi, in un reciproco scambio di stima, attenzioni, gioiose occasioni d’incontro. Nessuno può essere solo un numero, a nessuno può essere chiesto di rinunciare alla propria personalità per continuare a essere parte della società, poiché a queste condizioni la stessa società si autodistruggerebbe, immolando la linfa vitale della ricchezza individuale e dei talenti personali sull’altare dell’omologazione del pensiero e delle azioni. La scelta è sempre personale, ma chi si oppone all’omologazione ha già vinto, anche solo per questo. Ha vinto perché nel coraggio di affrontare una scelta così dolorosa riscopre la sua autenticità, la sua unicità, ritrova fiducia in se stesso, rinforza la capacità di autodeterminazione e la fermezza di carattere, radicata nei suoi ideali e in una visione della società che è quella in cui lui crede, scoprendo all’improvviso di non rispecchiarsi più in quella nella quale credono gli altri.
Ma, paradossalmente, anche scegliere di restare fedeli a sé stessi porta al cambiamento: la forza di carattere, l’integrità morale, portano l’uomo a lasciare tutto ciò che non corrisponde più al suo modo di essere.
E così, riordinando i miei liberi pensieri, ho realizzato che l’unica costante invariabile dell’esistenza umana è il cambiamento. Inteso non nella sua accezione negativa, come qualcosa di spaventoso, che scombussola e frastorna, né come un elemento di destabilizzazione che disorienta, perché talvolta arriva in modo repentino, e che non offre la possibilità di accoglierlo dolcemente, di abituarvisi lentamente, ma come necessario fattore di autoanalisi, progresso personale e crescita interiore.
Una massima attribuita a Charles Darwin è: «Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella che si adatta meglio al cambiamento». Il cambiamento ci accompagna, dal concepimento al termine dell’esistenza terrena. Il cambiamento ci circonda nel mondo fisico e biologico, fa alternare le stagioni, il sole e la luna, ogni nuovo anno è diverso dal precedente e i mesi di uno stesso anno sono diversi tra loro. Tutto cambia, tutto evolve, tutto si trasforma. Non bisogna rinunciare a sé stessi, l’intelligenza umana si manifesta anche nella capacità di modificare il proprio modo d’interagire nelle relazioni, affrontando i quotidiani cambiamenti.
Nella storia dell’umanità alcuni cambiamenti si sono rivelati grandi opportunità, altri grandi fallimenti, ma sia le une che gli altri hanno guidato gli eventi portandoli, sia pur attraverso strade tortuose, a trovare la giusta direzione.
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