LA DIDATTICA E LA SFIDA DEL MONDO DIGITALE*

Intervista a cura di Gaia Zordan

FUCINA DEL GRUPPO DI PADOVA, RAPPRESENTANTE DELL’ASSEMBLEA FEDERALE
E STUDENTESSA DI DISCIPLINE DELLE ARTI, DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO (DAMS)

Sono stati intervistati:

Francesca Bassani
Francesca Bassani
Studentessa di Dams dell’Università di Padova, rappresentante degli studenti del Corso di laurea aggregato Dams e scienze dello spettacolo, membro del Gruppo accreditamento e valutazione – Gav.
Leonardo Monni
Leonardo Monni
Studente di lettere classiche alla Sapienza di Roma, componente del Consiglio di facoltà di lettere e filosofia e membro del gruppo FUCI Roma Sapienza “Vittorio Bachelet”.
Mattia Gumina
Mattia Gumina
Studente di medicina e chirurgia all’Università di Catania, consigliere del Corso di laurea di medicina e chirurgia e membro del gruppo FUCI di Caltanissetta.

Che ruolo ha il digitale nella didattica? Com’è vivere in un’università che utilizza il digitale?

F.B.: Ho vissuto la maggior parte dell’università online. Il digitale ha un ruolo importante ma, se i docenti non vengono formati per approcciarsi a questa strumentazione, ne risente la fruizione delle lezioni. I docenti si sono trovati all’improvviso ad avere a che fare con questa nuova modalità, senza alcun tipo di preparazione, o, se c’è stata, in modo tardivo. È come se fossero stati dimenticati nell’usare questa nuova formula. Un altro aspetto trascurato è stato quello dei laboratori: non sono teorici, ma pratici, e vi è la necessità di una “laboratorialità” in presenza. Io mi occupo di inclusività e ho una disabilità che, per fortuna, mi permette di essere autonoma nel novantacinque per cento delle cose. Ci sono, però, studenti che non avrebbero potuto partecipare a questo laboratori per via della propria condizione. Tale meccanismo di esclusione si viene a creare perché il docente non è supportato in questa nuova modalità: non sapendo come affrontarla e trovandosi davanti a delle persone con gravi difficoltà, non ha avuto altra scelta se non quella di escluderle. L’università ha dato il via alla didattica online senza considerare le diverse categorie di studenti. La scarsa progettualità dell’università, anche prima del Covid, ha fatto sì che non si pensasse a soluzioni inclusive anche nelle piccole cose. Mi sorge quindi la domanda: se viene rimossa totalmente la didattica duale, quale sarebbe la soluzione da adottare nel momento in cui la situazione dovesse di nuovo peggiorare con nuovi casi o una nuova pandemia?

M.G.: La mia esperienza universitaria si divide tra un periodo pre-Covid, uno durante e uno post- Covid. Prima della pandemia, sentivo una grande difficoltà nel trovare un equilibrio tra le lezioni con obbligo di frequenza, lo studio e la vita privata. Per me, poter avere le lezioni online è stata un’agevolazione nella gestione del tempo: con le registrazioni e senza più obbligo di frequenza potevo recuperare in un giorno le lezioni di un’intera settimana. Tuttavia, ho sentito molto la mancanza dei rapporti amicali, che erano una delle fonti, se non la maggiore, di motivazione per affrontare gli impegni universitari. Un altro aspetto positivo dell’utilizzo della didattica a distanza è stato quello di poter accorciare le distanze e avere meno ansia nell’approcciarsi al professore. È stato più semplice per chi era timido fare domande, così come intervenire durante le lezioni, perché si potevano disattivare microfono e videocamera. Sono subentrato come consigliere del mio corso di laurea durante la pandemia e, non conoscendo come si svolgevano i consigli pre-pandemia, devo dire che è risultato molto semplice riunire cinquanta, cento persone online invece che ritrovarsi fisicamente in un’aula.

L.M.: Uno dei benefici dati dalla pandemia è stato l’adeguamento delle attrezzature, come per esempio computer e lavagne luminose; senza il Covid, avrebbe sicuramente richiesto tempi più lunghi raggiungere questo livello tecnologico. Questa strumentazione non può che aiutare l’interazione a lezione, come poter proiettare delle immagini. Un altro impatto positivo è stato quello sul lavoro di segreteria. È, infatti, possibile scaricare la documentazione senza dover passare attraverso uno scambio di email. Nonostante questo miglioramento, il rischio cui si va incontro è quello della spersonalizzazione. La troppa automatizzazione ci porta a fingere che la segreteria sia “solo” un’email, dietro cui non ci sia una persona.

 

Come si può pensare un equilibrio, a livello ideale, tra digitale e analogico?

F.B.: La didattica e gli strumenti usati dai docenti, così come i materiali caricati in digitale, non sono inclusivi. Esistono programmi per aiutare e spronare allo studio, ma i docenti non li conoscono o non li vogliono utilizzare. Una completa digitalizzazione, inoltre, porta a delle difficoltà. Mi è capitato che l’ente che avevo contattato per svolgere lo stage non potesse firmare digitalmente i documenti. Ciò porta, quindi, a degli ostacoli perché non c’è un’alternativa a una procedura totalmente digitale.

M.G.: Credo che sia utile pensare a un equilibrio “in funzione di cosa”. Dipende, infatti, a chi ci si rivolge per provare a realizzarlo. Nel mio caso, ad esempio, la didattica online ha permesso una facilitazione al carico che l’università normalmente mi avrebbe richiesto. È vero anche che, nel caso del tirocinio, si perde l’esperienza che si avrebbe se venisse svolto in presenza.

L.M.: Probabilmente il futuro della didattica è il tema su cui i rappresentati si sono più divisi. Si è discusso, infatti, dei benefici del digitale e della distanza da cos’è l’università, “violentando” che cos’è l’universitas, un momento di totalità e di condivisione che si perde con la lezione online. La didattica online è la versione moderna di una lezione fatta da un precettore, che fa l’università come e quando vuoi, fatta da uno studio direttamente dal libro. Che resta dell’esperienza umana? A mio parere, si perde tantissimo; l’università è un luogo vivo. Sostengo l’università vissuta in presenza. Se uno studente decide di iscriversi ad una facoltà in un’altra città perché poi segue a distanza e “risparmia” rimanendo a casa? Credo sia bello vivere in una città diversa da quella in cui sei cresciuto. Pur comprendendo le difficoltà di tante persone, secondo me ci sono anche altre soluzioni, come università telematiche, nel caso non si possa seguire in presenza. È comunque una delle proposte possibili. Annullare le specificità degli atenei non mi pare una cosa buona né per i miei colleghi e coetanei, né per il sistema.

 

C’è un episodio, un augurio, un desiderio che vorresti condividere alla fine di questa intervista?

F.B.: Credo sia utile e importante formare docenti e personale in tutte le scuole di ogni grado. Non deve mancare l’idealismo che si ha nel voler migliorare sempre di più la didattica.

M.G.: Il futuro per tutte le scuole è incerto perché non si sa come procederà la pandemia. Il loro miglioramento deve partire da noi. Dobbiamo denunciare i limiti, i pro e i contro di questa organizzazione, perché per l’istituzione è difficile progettare.

L.M.: Un giorno di maggio, io e dei miei amici abbiamo improvvisato, durante la pausa pranzo, una cantata in cortile. Cantando e suonando, anche su richiesta, si è creato un capannello di persone che volevano sfruttare questo momento di pausa, stando con noi anche se non ci conoscevano. Mi è rimasto impresso il commento di una ragazza che, passandoci a fianco, ha detto che se una cosa del genere ci fosse stata tutti i giorni, sarebbe venuta tutti i giorni in università. Non è possibile replicarla perché mancherebbe la spontaneità di prendere la chitarra e cantare, ma l’importanza di queste occasioni casuali, del valore dei momenti informali come motivazione mi ricorda come sia utile collaborare perché sia bello andare all’università.

 

*Testi non rivisti dagli autori.