Sulla scia degli spunti che ci hanno lasciato gli ospiti al congresso nazionale, ecco la seguente riflessione del RAF Christopher Livieri

 

Una notte stellata per le nostre periferie esistenziali

Un cristiano non può essere intollerante, né soltanto tollerante[…]. Di fronte alla crescita della sofferenza sociale non possiamo stare zitti, ma soprattutto non possiamo stare inerti. E allora entriamo in questa cornice dentro le periferie.
Don Luigi Ciotti

Attraverso parole schiette e taglienti, granitiche ed al contempo impregnate di dinamismo, le periferie entrano nel nostro immaginario e assumono forme nuove, complesse, contraddistinte da contorni sfumati ed indefiniti e da una portata sociale greve ed essenziale. Le periferie oltrepassano il concetto geografico cui siamo abituati a riferirci e si venano di un carattere esistenziale, intrinsecamente legato ad una rete di persone che si incontrano e si scontrano, modificandosi a vicenda: le periferie rappresentano, pertanto, il posto in cui i problemi che si dibattono sono reali, significativi, sostanziali. Riguardano la nostra dura presenza nella società, nella quotidianità, nel tangibile e ci mettono costantemente in discussione, in una perpetua e, forse, interminabile corsa verso una nostra personale ri-definizione. Ci fanno domandare quanto distiamo dal centro, in quale direzione ci stiamo muovendo, qual è il luogo che vogliamo raggiungere.

Dietro una rappresentazione ed una percezione della periferia come ente tendente alla degradazione c’è un instancabile bisogno di farsi sentire, di farsi ascoltare, di farsi comprendere. È solo attraverso una reale vicinanza alle esigenze pratiche e sensibili che si può infatti entrare nel cuore della periferia, sviscerandone le caratteristiche, le domande, le volontà che da questa si alzano: è solo fermandosi in questo bacino che si può scoprirne la vitalità e instaurare quel dialogo proficuo e fruttuoso che mette in relazione il centro, per antonomasia positivamente ricco, col sobborgo circostante. Queste sono le idee, i pensieri, le testimonianze che ci hanno lasciato gli esperti che abbiamo avuto modo di conoscere nel 70° Congresso Nazionale presso il Politecnico di Bari: a partire dall’esperienza di ogni giorno e da un ascolto attivo che muove da istanze profondamente sociali, operati eccezionalmente dalla Dott.ssa Bottalico e da Don Abascià, siamo giunti, con moto orizzontale, alle necessità, evidentemente più ristrette, poste in essere dalla vita studentesca universitaria attraverso lo sguardo problematico ed attuale dei proff. Musso e Peragine e del Rettore Cupertino.

Comprendiamo le città diviene allora l’inno ed il manifesto per una partecipazione rilevante di tutti e di ciascuno all’esistenza ed alla vita della nostra società e dei luoghi e dimensioni che essa abita: con una postura critica, capace di rilevare problemi e di cercare soluzioni, evitando tuttavia semplificazioni eccessive e progetti ready-made, prefabbricati e non adattati al contesto, ognuno di noi deve riscoprirsi come agente di rilievo per la costruzione del mondo in cui ci troviamo inseriti.

Comprendiamo le città risulta anche un augurio ed una speranza, un orizzonte di senso che, a partire dagli spazi esperiti e sensibilmente noti, ci trasporta in una realtà metaforica e puramente esistenziale, tutta da percepire, ri-conoscere e ri-significare: attraverso una maggiore consapevolezza di noi stessi e delle dinamiche che ci animano, possiamo pertanto non solo decidere quali strade seguire per poter far comunicare le periferie che abitiamo col nostro centro, ma anche quali percorsi tracciare ex novo per parlare a noi stessi e, soprattutto, agli altri.

Seguendo le suggestioni lasciateci da Abascià, riferite al testo Le città invisibili di Calvino, noi tutti possiamo allora identificarci in Tecla, la città in perenne costruzione. Non smettiamo mai di costruire, sollevare, abbattere, per paura che tutto termini. Ma se ci chiedessero il motivo per cui facciamo tutto questo, il progetto condiviso in cui ci ritroviamo, il fine ultimo cui tendiamo, la risposta sarebbe una soltanto: una notte stellata.