Di Gabriele Cela
Mentre in Europa c’era aria di vacanza, la paura del Covid sembrava alle spalle e guardavamo verso un futuro senza restrizioni, magari progettando viaggi oltre confine, qualcun altro, fuori dall’Europa, qualcuno che forse sarebbe rimasto ben volentieri entro i confini della sua patria, se avesse avuto condizioni di vita dignitose, si è messo in viaggio da Afghanistan, Siria, Iraq e Yemen.
In pieno Agosto migliaia di uomini, donne e bambini hanno attraversato la Bielorussia con la speranza di raggiungere la Polonia e di lì gli altri paesi Europei.
Fonti governative polacche sostengono che questa migrazione sia stata organizzata dalla Bielorussia, che ha attirato i profughi sul suo territorio promettendo il libero accesso al confine europeo e ora li tiene come in “ostaggio”, in un territorio impervio e in condizioni inumane, negandogli la possibilità di tornare indietro e spingendoli verso la frontiera polacca alimentando l’illusione di poterla attraversare.
Dal canto suo la Polonia, per evitare l’ingresso di migliaia di uomini nel suo territorio e in Europa, sta difendendo i confini e respinge con ogni mezzo chiunque provi ad entrare.
La scorsa estate il governo bielorusso fu accusato di aver fatto scoppiare una “guerra ibrida”, uomini usati come pallottole contro il nemico, una crisi umanitaria che sta spaccando il mondo e che non lascia intravedere soluzione.
Questi i fatti, ad oggi.
Ma per comprendere le dinamiche geopolitiche internazionali è necessario fare un passo indietro.
la Bielorussia, lo scorso ottobre, è stata minacciata di sanzioni dall’Unione Europea per aver represso con cannoni ad acqua le proteste pacifiche contro i brogli elettorali, scoppiate dopo le elezioni del 9 Agosto 2020 che avevano visto trionfare il presidente bielorusso Alexander Lukashenko con l’80% di preferenze, proteste sostenute secondo alcuni dal governo Polacco, il quale si sarebbe offerto di ospitare i dissidenti in fuga dalla Bielorussia.
In risposta alla protezione dell’opposizione, la Bielorussia ha iniziato a perseguitare la minoranza polacca residente nei propri territori.
La mossa successiva è stata aprire le frontiere e incoraggiare l’ingresso di flussi di migranti che venivano aiutati a raggiungere i confini di Polonia e Lituania. Lo scopo del regime Bielorusso era quello di creare un’emergenza umanitaria per destabilizzare il governo polacco.
In alcuni video sono stati ripresi soldati bielorussi che accompagnano i profughi nelle foreste al confine con la Polonia, avamposto per l’ingresso nei paesi dell’Unione Europea, per favorirne l’attraversamento nascondendosi tra la vegetazione.
Inizialmente gli stranieri venivano fermati dalla guardia di finanza polacca e accompagnati nei centri d’accoglienza, ma di giorno in giorno il numero dei migranti andava aumentando.
Il Primo Ministro polacco Morawiecki, di fronte alla necessità di proteggere i confini della Polonia ha dichiarato lo stato d’emergenza, il Ministro degli Interni Brudziński, contravvenendo a quanto disposto dalle norme europee, ha ordinato l’allontanamento dei migranti.
Il Presidente polacco, mentre impediva l’accesso al confine a chiunque non fosse autorizzato e vietava ogni forma di documentazione su quanto stava accadendo nel suo paese, erigeva una recinzione di filo spinato per creare una barriera fisica che di fatto rendesse impossibile il passaggio da un territorio all’altro.
Nel frattempo, il 29 Ottobre, Il Parlamento polacco decideva di costruire un muro sul confine bielorusso, per bloccare definitivamente l’ingresso dei migranti. Il costo del muro, che si estenderà per 110 chilometri lungo la frontiera orientale dell’Unione europea, è stato stimato in 353 milioni di euro.
Recentemente il presidio militare è stato rinforzato con 1.000 soldati e pochissimi degli oltre 2.000 migranti che hanno tentato di attraversare la frontiera, hanno raggiunto l’obiettivo.
I respingimenti sono continui e violenti, i migranti stremati e assiderati dal freddo. I tentativi di mediazione della UE sino ad oggi, nonostante le proteste diffuse in tutta Europa, non hanno sortito effetto, i governi degli stati belligeranti non sono disposti a cedere di un passo.
Il partito Conservatore che guida l’esecutivo in Polonia si trova al centro di numerose questioni controverse: dall’accusa di essere un partito estremista e illiberale alle leggi contro il diritto d’aborto ed ora il muro contro i migranti, che ricorda un altro muro, invalicabile, abbattuto senza spargimento di sangue durante il pontificato del Papa polacco.
Studiosi e storici concordano nel ritenere che il pontefice ebbe un ruolo cruciale in quella vicenda storica. Era il 9 Novembre del 1989.
Oggi l’incubo del muro che divideva l’Europa ritorna, ma la Polonia stavolta è dalla parte opposta.
Pur essendo uno stato membro della UE, la Polonia è sempre più isolata politicamente.
Il 20 novembre circa 200 persone hanno cercato di attraversare la frontiera, respinti, hanno lanciato pietre e altri oggetti contro la polizia. Secondo il ministro della difesa polacco Błaszczak, questo dimostra che la Bielorussia non è disposta a desistere dal suo intento e sta cambiato tattica, inviando gruppi di migranti più piccoli, ma in diversi punti della frontiera.
Il Consiglio della Ue, qualche giorno fa, ha approvato il quinto pacchetto di sanzioni nei confronti della Bielorussia spiegando, tramite l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che “questa decisione riflette la determinazione dell’Unione europea a resistere alla strumentalizzazione dei migranti a fini politici. Stiamo respingendo questa pratica disumana e illegale”.
Intanto l’Unione Europea ha stanziato 700mila euro per cibo, coperte e kit di primo soccorso destinati ai migranti bloccati sul confine. Sembra al momento questa l’unica speranza per i profughi, avere un seppur minimo ristoro.
Tutto ruota intorno alla Polonia e ci riporta alla mente il Papa polacco.
È impossibile non pensare a lui, che lì è nato, ha iniziato la sua missione nella Chiesa, è stato cardinale. Ho provato ad immaginare cosa avrebbe pensato oggi Karol Wojtyła , che ha speso tutta la sua vita per gli “ultimi”.
“La pace non può regnare tra gli uomini se prima non regna nel cuore di ciascuno”.
Tra Polonia e Bielorussia non regna la pace, perché non c’è pace tra i governanti. Non so se tra i due popoli regni la pace, quanti polacchi vorrebbero accogliere i profughi e quanti bielorussi vorrebbero che i conflitti tra i due stati terminassero, ma certamente non regna nel cuore dei governanti.
La pace è uno stato d’animo, un fine da raggiungere nel mondo, per il mondo.
Chiunque si senta in pace teme di perderla e la protegge, evita conflitti, la dispensa e la condivide, ma se non ha in sé la pace, se non la conosce o non l’ha mai conosciuta, non si potrà impegnare né nel proteggerla, né tantomeno nel condividerla, semplicemente perché non sa cosa sia.
La pace è in crisi perché il mondo è in crisi.
Credo che Covid-19 abbia inciso pesantemente in questo, l’uomo e la sua dignità sono stati violati non solo dal virus, ma anche da decisioni che hanno segnato profondamente la vita di ognuno, creando divisioni, fazioni, contrapposizioni tra “buoni” e “cattivi”, senza minimamente considerare le ragioni degli uni e degli altri.
La cosa più tragica della vicenda che si sta consumando tra Bielorussia e Polonia è che l’oggetto del contendere sono vite umane, usate come pedine per giochi di potere.
La cooperazione internazionale e la diplomazia non riescono a mediare tra posizioni apparentemente inconciliabili, mi verrebbe da pensare: a chi giova tutto questo?
“Corsi e ricorsi storici” direbbe Gianbattista Vico, “se questo è un uomo” direbbe Primo Levi.
Abbiamo alle spalle 2021 anni di storia dalla nascita di Cristo e abbiamo ancora tanto da imparare.
lo storico greco Tucidide vissuto nel V secolo a.C sec. A.C. , riteneva che la Storia fosse un tesoro prezioso da custodire e tramandare.
La Storia deve insegnarci a vivere, κτῆμα ἐς αἰεί, è un “insegnamento per sempre “, utile e necessario alle generazioni future per costruire un mondo e una società migliori.
La speranza che tutto possa volgere al meglio dev’essere sempre viva, ma anche tenere viva la memoria sulle vicende storiche del passato è importante, ascoltare le parole di chi ci ha preceduto e ha già vissuto tutto questo, ha già lottato e compiuto sacrifici, abbiamo il dovere morale di ricordare, per evitare che le loro lotte e i loro sacrifici siano abbandonati tra le righe di qualche pagina ingiallita di vecchi libri di storia.
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