Ramon Sugranyes de Franch (1911-2011), esule catalano in svizzera durante la dittatura di Franco, voluto da Paolo VI come uditore laico al Concilio, è una delle personalità più interessanti del cattolicesimo democratico europeo.

Ha amato molto il nostro Paese, dove è venuto molto spesso per la Fuci, il Meic e l’istituto Maritain fino a tutti gli anni ‘90. Fece parte del movimento catalano corrispondente alla Fuci prima della Guerra Civile, si laureò nel 1933 e poi passò a studiare all’Università Cattolica di Milano. Allo scoppio della Guerra approfittò di un invito a Ginevra per sfuggire al conflitto, ritenendo inaccettabili entrambi i fronti in lotta, come vari altri giovani cattolici, soprattutto in Catalogna e nel Paese Basco. In seguito fu una delle personalità chiave per rimettere in piedi Pax Romana nel dopoguerra, affiancando al rampo degli universitari (Miec, sorto nel 1921) quello dei laureti (1947).
I suoi rapporti sono stati strettissimi, sin dagli anni Quaranta, oltre che con Sturzo e Maritain, soprattutto con Giovanni Battista Montini, che poi da Papa lo volle uditore ben sapendo quali sarebbero state le reazioni di Francisco Franco. Paolo VI preparava scientemente, anche tramite lui e in raccordo col cardinal Benelli e col nunzio Dadaglio, l’evoluzione democratica spagnola.
Stretti i rapporti anche con molti altri italiani dell’ambiente della Fuci e del Movimento Laureati, Vittorino Veronese, monsignor Guano, monsignor Bernareggi, Guido Gonella.
Il libro-intervista col monaco benedettino di Montserrat Hilari Raguer edito da Rubbettino, Dalla guerra di Spagna al Concilio del 2003 ci racconta episodi avvincenti del secolo breve, tra vita civile ed ecclesiale. Il libro va proprio letto e digerito pagina per pagina. La pagina forse più interessante è la 59. Sugranyes a Ginevra va a confessarsi da un sacerdote catalano che gli chiede perché sia lì anziché a combattere per il Cristo Re dalla parte franchista; a quel punto fugge, va a parlare col futuro cardinale Journet che lo conforta dicendogli chiaramente: “Non è con la forza delle armi che il regno di Cristo verrà sulla terra”. Questo è un punto decisivo che tratta poi a pag. 138: è facile per la Chiesa opporsi a ideologie antidemocratiche che professano l’ateismo, che le sono dichiaratamente ostili; non è invece altrettanto facile opporsi a ideologie autoritarie che si presentano come amiche della Chiesa. La dottrina precedente al Concilio, quella dell’equidistanza da tutte le forme di governo (quelle che noi chiamo forme di Stato) era stata importante per distanziarsi dalle monarchie tradizionali, ma non evitava questo rischio. Per questo la Gaudium et Spes affermerà esplicitamente l’opzione preferenziale per la democrazia.
Come laico impegnato da decenni nell’associazionismo internazionale tramite Pax Romana, insieme a Rosemary Goldie, aveva ben sperimentato il metodo di lavoro utilizzato in Concilio, tra diverse lingue e culture, che invece per molti fu lì una novità. Almeno due gli episodi in cui i suoi interventi furono decisivi in Concilio: uno per superare un primo testo troppo rigido e dettagliato teso a comprimere la paternità e maternità responsabile (anche se poi, dopo il Concilio, le posizioni più rigide ebbero un ritorno di fiamma: tutto narrato da pg. 144 a 147) e l’altro per adottare criteri più restrittivi sull’armamento nucleare.
Questo secondo, che amava spesso ricordare (pag. 146), fu caratterizzato da un dialogo col cardinale Ottaviani, ormai quasi cieco, che aveva fatto un primo intervento possibilista sull’uso delle armi nucleari, predisponendo la redazione del paragrafo 81 della ‘Gaudium et Spes’. Sugranyes domandò la parola, Ottaviani gli chiese in latino « Et tu qui es? », avendogli risposto che era il responsabile internazionale di Pax Romana, movimento internazionale di laici, Ottaviani rispose favorevolmente « Agitur de pace, loquere ».L’argomento di Sugranyes fu che l’uso delle armi nucleari era di per sé incompatibile con uno dei criteri cardine della tradizionale dottrina della ‘guerra giusta’, quello della proporzionalità tra bene che si vuol difendere e male che si arreca difendendosi. Non che Sugranyes, per quanto esule che aveva rifiutato di schierarsi tra i due opposti campi della Guerra Civile, fosse un pacifista assoluto, era anzi un sostenitore ante litteram del diritto di ingerenza umanitaria e ricorda infatti nel libro che molti esuli democratici avevano sperato per la Spagna in un intervento militare di Francia e Inghilterra che li salvasse da Franco senza cadere nelle mani dell’Urss. L’argomento sulla proporzionalità convinse anche Ottaviani e si arrivò così alla condanna espressa nei paragrafi 80 e 81 della ‘Gaudium et spes’. Gli uditori, nonostante il nome, il cui significato era stato chiarito da Paolo VI in termini estensivi « Auditores atque locutores » hanno ampiamente fatto valere il loro ruolo. Anche questo era un segno dei tempi.