di Alessio Dimo e Sara Di Tanna

Nella nostra società si parla molto spesso di merito (attribuito all’andamento scolastico e alla carriera lavorativa), e molto spesso in obiezione contraria alle politiche di valorizzazione dell’inclusione e delle differenze. Quante volte ci capita di vivere o subire la logica dello slogan: “La misura del tuo successo è strettamente proporzionale alla fatica”. Da questa contraddizione capiamo che non tutti riescono ad accedere all’istruzione universitaria per molteplici ostilità: provenienza geografica, difficoltà economiche, difficoltà nell’accedere alla
casa. In particolare, il tema dell’aumento del canone mensile degli immobili nelle nostre città universitarie è una questione che tocca tutti noi e sta diventando un limite per tanti giovani universitari.

Casa e meritocrazia
Nel nostro sistema educativo la parola meritocrazia è molto presente seppur sia evidente che non tutti gli studenti riescono a continuare gli studi senza avere una famiglia con un certo reddito alle spalle. Siamo sempre più convinti che questo sistema educativo “meritocratico”
non sia del tutto accessibile a tutti. Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Lodate Deum” parla del rischio che la parola meritocrazia venga confusa con il dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo [1], dove la meritocrazia non fa che aggravare
la disuguaglianza se si considera il vantaggio economico. Le parole del Papa ci aiutano a vedere la grave crisi che le nostre città universitarie stanno subendo, non solo da un punto di vista materiale – mancanza di alloggi o prezzi inaccessibili per giovani – ma anche inerenti alla persona, parlando del tema delle periferie sociali [2]. Alcune ostilità che alimentano questo fenomeno possono essere riscontrate nella scarsa offerta di alloggi nelle nostre città a fronte dei numerosi studenti e lavoratori fuorisede che aumentano ogni anno, soprattutto ora, che nei centri storici molti proprietari hanno deciso di convertire in bed and breakfast appartamenti che prima erano disponibili per gli studenti: di conseguenza, i prezzi aumentano a dismisura e non sempre le condizioni offerte sono decenti. Questo fenomeno, sintetizzato con il termine “caro-affitti”, costringe ogni anno studenti da tutta Italia a prendere in affitto case fatiscenti e distanti dalle loro facoltà, raggiungibili solo con i mezzi, spesso non efficienti, né sufficienti alla richiesta. Tutto ciò impedisce e influenza
notevolmente l’accesso all’istruzione nelle università a tanti ragazzi e ragazze, costretti a rinunciare allo studio, a frequentare le lezioni da studenti pendolari, a lavorare pur di poter sostenere le spese. Questa poca permeabilità che troviamo nelle nostre città porta sempre più
studenti a vivere con maggior frequenza la realtà del pendolarismo. Il fenomeno appena citato aumenta la percezione di esclusione dalla realtà urbana e va ad incidere sulla nostra esperienza universitaria. Quanti di noi vivono o conoscono persone che non potendo permettersi un alloggio in città devono fare dei tragitti non sempre facili? aumenta così il fenomeno della città fluida, da cittadini diventiamo solo fruitori di meri servizi che la realtà ci offre. In questo caso la città diventa solo un luogo di passaggio per lo studente, che non si
sente parte integrante della cittadinanza ma vive la città come un passante. È ormai da mesi che continuano le proteste dei giovani universitari contro la difficoltà ad avere una casa, condizione che resta un problema nelle grandi città dove gli affitti sono
sempre più alti e le case disponibili sempre meno. Non possiamo non prendere in considerazione le tende colorate posizionate davanti ai nostri atenei: pensiamo a quelle del Politecnico di Milano, dov’è scoppiata la protesta il 2 maggio del 2023, o alla Sapienza di Roma. Così come le altre proteste sorte in diverse università del nostro Paese, sono la prova dei diritti negati ai più giovani: in primis, quello alla casa e quello allo studio. Sono la punta di un iceberg che disvela a un’opinione pubblica distratta – e forse incantata dai mirabolanti
valori immobiliari di cui le cronache ci danno frequentemente conto – e una realtà che riguarda fasce sociali sempre più ampie respinte da quella che dovrebbe essere la città di tutti. Con la testimonianza di Maddalena, studentessa e fucina di Bologna, riusciamo a comprendere in maniera più diretta, grazie al racconto della sua personale esperienza, il fenomeno descritto. “Studio a Bologna, dove la situazione affitti è davvero molto critica. Ho cercato casa per la prima volta a Bologna poco più di un anno fa: è stato difficilissimo, era quasi impossibile
anche solo ottenere un appuntamento per visitare gli appartamenti, e mi sono state proposte stanze senza finestre o contratti poco regolari. Alla fine, ho trovato una stanza in periferia, in un appartamento in condivisione con altre quattro persone, tramite un’agenzia: considerata la distanza dal centro e dall’università e le condizioni della casa, pagavo davvero troppo, ma era l’unica opzione possibile in quel momento. Ad alcuni miei compagni di corso è andata anche peggio: qualcuno non ha trovato una sistemazione entro l’inizio delle lezioni e quindi per
settimane ha dovuto fare il pendolare prima di trovare una stanza a Bologna. Qualche mese fa una mia compagna di corso mi ha informata che una sua coinquilina sarebbe andata via, quindi ora ho preso io il suo posto: adesso abito molto vicina al centro e all’università, anche se devo condividere la stanza con altre due ragazze. Nonostante questo, mi ritengo fortunata per la mia situazione attuale”. Come Maddalena ci sono tanti studenti che vivono una situazione abitativa instabile e non riescono ad accedere ad un’esperienza universitaria pienamente accessibile. Questo fa sorgere determinate domande: l’ambiente universitario è meritocratico? Essere uno studente pendolare influenza in maniera significativa la tua esperienza universitaria? Vivere in una sistemazione precaria influenza il tuo modo di vivere lo studio? Stanchi di questa situazione, gruppi di giovani universitari da ogni parte d’Italia da qualche mese protestano davanti i loro atenei contro l’inaccessibilità di locazioni nelle loro città, organizzando mobilitazioni volte a chiedere misure urgenti da parte del Governo e rivendicare un diritto fondamentale e da tutelare: il diritto allo studio strettamente legato al diritto alla casa.

[1] Papa Francesco, ESORTAZIONE APOSTOLICA LAUDATE DEUM, N. 32 2023.

[2] Ai margini della nostra società oggi troviamo tante sperequazioni, di reddito, di cultura, di opportunità di
lavoro, di servizi, che determinano la vulnerabilità sociale di chi vive una situazione di incertezza socio-
economica