di Michela Perrucci
Siamo studenti, ragazzi, cittadini, siamo generati ed alimentati dalla ricchezza delle relazioni, siamo parte di comunità che sogna! La nostra società è come un grande mosaico di sogni; quelli che ogni generazione mette sul tavolo e per cui lavora quotidianamente, che si fa mattone di un Paese che ha tutte le possibilità e le competenze digitali della Generazione Z, la flessibilità dei Millennials, la creatività degli Xennials, la struttura di pensiero della Generazione X e l’esperienza dei Babyboomers (M. D’Ascenzo, Di sogno in sogno il patto tra generazioni già esiste, Alley Oop. L’altra metà del sole, 30 luglio 2018).
Perché l’alleanza tra generazioni esiste. Dipende solo da noi darle le gambe, la forza e la spinta per camminare, anzi, per correre.
La nostra Federazione è una grande tessera di questo mosaico; una tessera colorata e luminosa, un “luogo” che semina, innaffia e cura i nostri germogli, i nostri sogni. Ci troviamo a Camaldoli, un luogo di grande importanza per tutti i fucini e le fucine d’Italia. Siamo nei corridoi di questo maestoso e prezioso monastero. Ci si guarda, si ascolta, si chiacchiera, si esprimono e raccontano sogni e desideri. Tra tutti ci soffermiamo, qui ed ora, su uno:
Sogniamo una FUCI che, dichiarandosi femminista, riesca a cambiare la Chiesa. Sogniamo una Chiesa che si riscopra davvero cristiana e abbandoni tutto il sovrastrato culturale l’ha portata, come istituzione, a opprimere le soggettività e le comunità, che si rifiuti di essere usata per giustificare discriminazione e addirittura violenza attiva contro degli esseri umani a causa della loro identità.
Il desiderio di una comunità che sia inclusiva porta con sé, inevitabilmente, il concetto di cura di cui oggi si parla tanto, seppur la negligenza regna spesso sovrana. Ci troviamo dinanzi ad una retorica del concetto; motivo per cui è necessario che le parole vengano spiegate e che vengano liberate dai nostri personali e soggettivi significati. Cura è dimostrazione dell’alterità altrui, è sentirsi responsabili, avere rispetto ed agire con gratuità. Cura è anche potere, è poter fare perché si ha la possibilità di farlo. Aver cura non è rimuovere o rimarginare le ferite altrui, ma aiutare a sopportarle. Si parla, dunque, di transfemminismo intersezionale, con la consapevolezza del portato
storico e politico del termine, perché studiare un simile movimento, o aderirvi in chiave escludente, alimenterebbe la disumanizzazione di alcuni individui. (Il termine transfemminismo indica il femminismo che, a differenza di quello trans-escludente, riconosce le donne transgender come donne e le coinvolge, quindi, nelle istanze del movimento. L’intersezionalità è, invece, un approccio che indaga come le diverse identità sociali e politiche di una persona si combinano per creare diverse modalità di discriminazione e privilegio. Alcune di queste scaturiscono da fattori come genere, razza, classe, sessualità, disabilità, apparenza fisica.)
Il collettivo inglese Care Collective ha individuato quattro cardini fondamentali per dare vita ad una comunità di cura: il mutuo soccorso, lo spazio pubblico, la condivisione di risorse e la democrazia di prossimità. Facendo tesoro delle buone pratiche dei movimenti femministi e
ambientalisti propone una cura reciproca, non paternalista né assistenzialista: una «cura promiscua», che non discrimina nessuno ed è fuori dalle logiche di mercato. L’obiettivo è arrivare a un vero e proprio «stato di cura» che non solo crea infrastrutture di welfare «dalla culla alla tomba» ma genera una nuova idea di democrazia orientata ai bisogni collettivi. Dimostrando che la cura è il concetto e la pratica più radicale che abbiamo oggi a disposizione e ricordando che governare, educare e curare sono mestieri impossibili, ma non impraticabili!
Alcuni spunti per approfondire:
- Manifesto della cura. Per una politica dell’interdipendenza, 2021, The care collective,
Edizioni Alegre, Roma; - Dovremmo essere tutti femministi, Chimamanda Ngozi Adichie, 2015, Einaudi, Torino;
- L’amore possibile. Persone omosessuali e morale cristiana, 2020, Aristide Fumagalli,
Cittadella, Assisi; - Siamo tutti diversi! Per una teologia queer, 2019, Teresa Forcades, Castelvecchi, Roma;
- Gaudium et spes, 16, 1965, Concilio Vaticano II, Città del Vaticano.
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