Relazione dei presidenti introduttiva alla Settimana Teologica 2022 “Vidi la città… scendere dal cielo“.
Con la Settimana Teologica si conclude il percorso di riflessione che la F.U.C.I. ha intrapreso quest’anno sulla città e la cittadinanza. Abbiamo cominciato dal taglio urbanistico, in occasione del Modulo formativo, chiedendoci come progettare bene una città. Abbiamo cercato di mettere al centro il valore della competenza, del saper fare cose, della serietà nell’indagare la realtà che ci circonda. Nessun buon progetto può prescindere da queste cose. Le storie urbanistiche che abbiamo ascoltato ci hanno mostrato che il bene nasce dalle cose di qualità. Se vogliamo spenderci con serietà per le nostre comunità non possiamo non partire dall’umiltà di sapere le cose. Ogni aspetto della cultura, della conoscenza può e deve contribuire al bene della città, al nostro operare civile. Non c’è dunque competenza che non sia in ragione degli altri. Altrimenti avremmo solo erudizione.
Con il Congresso siamo passati ad analizzare il contesto sociale delle nostre città. Siamo andati ad indagare gli angoli dimenticati delle nostre periferie, le fragilità umane, le ragioni di chi non scommette più sulla propria soggettività, sul proprio progetto di vita. Abbiamo guardato a questi spaccati di vita confidando che la realtà che ci circonda ha sempre un potenziale inesauribile di bene, di opportunità, di ricchezza, non è mai irrecuperabile o da dare per persa. “Dio vive ancora nella città” scriveva Papa Bergoglio. Per questo, di fronte alle condizioni di periferie esistenziali, dobbiamo far sì che non diventino situazioni cristallizzate, giustificate, ma realtà da riscattare. Diceva don Ciotti al Congresso: “non può continuare ad esserci una sproporzione tra giustizia e solidarietà. Occorre un impegno sociale, civile, politico per riconnettere tutta l’umanità dispersa alle risorse delle nostre città. Anche perché sono proprio le periferie esistenziali le realtà per progettare il nuovo, per mettersi all’opera,sono i luoghi della creatività del bene“.
Riscoprire il bene implicito e nascosto delle nostre città è un imperativo non solo sociale, politico, comunitario, ma anche, possiamo dire, teologico e spirituale. La fede, infatti, non è un’esperienza disincarnata, ma una chiamata ad incontrare Dio nella realtà che abitiamo, anche e soprattutto nelle sue parti più fragili, nelle sue ferite, nelle pieghe della miseria e della solitudine.
Quando con il Consiglio centrale l’anno scorso abbiamo riflettuto su come declinare il tema della città in ambito teologico siamo partiti dal chiederci come abitare da cristiani le nostre città. All’inizio abbiamo pensato di dedicare una prima parte alla riflessione teologica e uno spazio finale al taglio pastorale. Nello strutturare il tema abbiamo poi, invece, maturato la convinzione che anche il discorso teologico possa partire dalle situazioni di vita che incontriamo nelle nostre realtà. Che la realtà che abitiamo possa essere veramente un punto di partenza, da rileggere alla luce della Parola.
Abbiamo pensato, quindi, di fare un tentativo e di invertire l’approccio, di partire cioè dal contesto per arrivare al testo. Ma da quale esigenza nasce questo nuovo paradigma teologico? Per capirlo bisogna uscire dall’Italia, uscire dall’Europa, e arrivare fino all’America latina. In un continente che ha visto una crescita rapida e imponente della popolazione urbana, il concentrarsi di grandi masse di persone in grossi centri metropolitani. Questo contesto – l’urbanizzazione massiccia, la presenza di una forte e diffusa domanda di spiritualità, ma allo stesso tempo di un meticcio religioso e di un crogiolo di fedi – ha posto delle sfide pastorali e ecclesiali innovative e dirompenti, ha richiamato l’urgenza di una Chiesa veramente presente nella città, non chiusa nelle mura del sacro, ma pietra d’inciampo nella vita di tutti i giorni. Questo fermento ha portato, dapprima, alla quinta Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi di Aparecida nel 2007, in cui sono emerse riflessioni e proposte pastorali attente al contesto cittadino, e poi al primo Congresso internazionale di pastorale urbana. A guidare
questo cambiamento un vescovo di Buenos Aires, di lontane origini piemontesi, che di lì a qualche anno sarebbe diventato Papa e avrebbe portato la tensione ideale di questo cambiamento nella sua prima esortazione apostolica “Evangelii gaudium”.
Ecco, cosa dice a noi tutto questo trambusto? Ci parla di una Chiesa che si interroga sul mondo, pienamente coinvolta nel mondo e non sua dirimpettaia. Una Chiesa capace di mettersi alla prova dei tempi ed entrarci in dialogo, che non crede il mondo ostile solo perché ostile o distante dal Vangelo.
Come scrive il teologo Theobald: “Noi rischiamo sempre di portare avanti incosciamente l’idea di una Chiesa “società perfetta” sulla difensiva nei confronti del suo ambiente sociale, o che lo inonda di buoni consigli morali, senza dimostrarsi capace di recepire nulla da esso. Quando, per grazia, avviene invece questa conversione la Chiesa è posta in un giusto rapporto con la società moderna e contemporanea; può allora dare ai concittadini dei cristiani la possibilità di comprendere più pienamente il significato genuino della vita umana e l’universale vincolo di comunione degli uomini”. Vogliamo credere in una Chiesa che si fa carico delle sfide dei tempi, che non sia insensibile ai problemi dell’umano, che sia fermento di bene nelle comunità e nelle società.
A conclusione di questo percorso annuale, rifletteremo sulla città come luogo teologico, come luogo, cioè, in cui possiamo trovare un frammento della Rivelazione. Rifletteremo sulla città e la presenza del sacro, non come realtà chiusa e circoscritta alle mura delle chiese e delle cattedrali, non come spazio di esclusione, ma come realtà che include, che estende i propri confini, che si allarga ad ogni frammento dell’umano. Rifletteremo sulla città come opportunità e sfida sempre nuova di testimonianza. È, insomma, una città esigente questa che siamo chiamati ad abitare come cristiani e a vivere ogni giorno secondo il Vangelo, perché se l’incontro con Dio è qui, adesso, nella storia, nelle nostre città, non possiamo restare in attesa di un’altra vita. Occorre metterci in cammino e lavorare insieme per realizzare ora il tempo promesso!
Proviamo ora a entrare nel merito dei vari momenti che vivremo in questa settimana. Partiremo domani mattina con la prima relazione di monsignor Sanna dal titolo: “Come parlare di Dio oggi, il nuovo paradigma teologico”. Quale linguaggio oggi usa la Chiesa per annunciare il suo messaggio? Siamo in grado di comunicare, di farci comprendere, di entrare in dialogo con gli altri? Oppure utilizziamo un linguaggio autoreferenziale e che parla solo all’interno della Chiesa? Scriveva papa Benedetto che la verità è “logos che crea dia–logos e quindi comunicazione e comunione”. Il laboratorio del lunedì seguirà lo schema del nuovo paradigma teologico a cui monsignor Sanna ci introdurrà nella mattinata. Partiremo, infatti, da alcuni contesti per capire come possiamo incontrare Dio nella concretezza della nostra vita. Il secondo giorno ci accompagnerà una riflessione sul tema: “Dove cercare Dio oggi: il sacro fuori dal tempio e il Mistero senza nome”. Come cristiani che vivono pienamente la realtà del loro tempo siamo chiamati ad aprire il nostro sguardo sulle città che abitiamo, a rileggere le vicende della nostra storia e della storia del mondo non come un semplice insieme di fatti, di cause ed effetti, ma come storia della nostra salvezza, cioè del nostro incontro con Dio. Dio non è presente solo nei templi del nostro culto, nelle chiese e nei tabernacoli, ma è veramente presente nelle nostre città, negli incontri che facciamo, nelle vicende della nostra vita, nelle scelte che orientano le nostre azioni. Per questo siamo chiamati a cercare il sacro fuori dal tempio, là dove è l’umano. Il laboratorio del martedì concluderà il laboratorio del lunedì passando appunto dal contesto al testo. Proveremo infatti a rileggere i contesti analizzati il giorno prima grazie all’aiuto di alcuni brani della parola di Dio. Il mercoledì l’ultima relazione di Monsignor Sanna ci aiuterà a capire come testimoniare Dio oggi, non solo come cristiani credenti ma soprattutto come cristiani credibili. Sarà un passaggio fondamentale per tradurre in impegno attivo e concreto la nostra fede. Proprio per questo nel laboratorio del mercoledì cercheremo di mettere a fuoco le urgenze pastorali che pensiamo la Chiesa debba affrontare oggi. In conclusione, il venerdì proveremo, con monsignor Bressan, ad indagare quale impegno di evangelizzazione ci è oggi richiesto nella società, quali urgenze comunitarie esigono un impegno pastorale rinnovato e ci spronano ad essere Chiesa cittadina, immersa nella realtà e capace di stare nelle sue ferite. Il laboratorio del venerdì sarà il momento conclusivo di questo cammino di riflessione: il discernimento comunitario ci aiuterà ad individuare alcune proposte concrete che possano essere traccia feconda del nostro agire e dell’agire della Chiesa nel tempo presente.
Allegra Tonnarini e Tommaso Perrucci
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